Note di storia mediterranea
Osservando i lavori della mostra di Giuseppe De Vincenti sul Mediterraneo, aggiungo con simpatia e affinità, alcune riflessioni. Mi sembrano vicine le une alle altre, le immagini di De Vincenti e le mie osservazioni sul nostro mare comune. Faranno forse parte anche di un prossimo lavoro che faremo insieme, io e lui.
Il Mediterraneo ha affrontato la modernità in ritardo. Ciascuna delle sue coste conosce contraddizioni che non cessano di riflettersi sul resto del bacino e su altri spazi, talvolta lontani. La realizzazione di una convivenza in senso multietnico o plurinazionale, lì dove s'incrociano e si mescolano tra loro culture e religioni, è difficile.
Non esiste una sola cultura mediterranea: ce ne sono molte in seno ad un solo Mediterraneo. Le somiglianze sono dovute alla prossimità di un mare comune e all'incontro sulle sue sponde di nazioni e di forme di espressione vicine. Le differenze sono segnate dalla storia, da credenze e da costumi. Né le somiglianze né le differenze sono assolute o costanti: talvolta sono le prime a prevalere, talvolta le altre.
Il resto è mitologia.
Tanto nei porti quanto al largo “ le vecchie funi sommerse” che la poesia si propone di ritrovare e di riannodare, spesso sono state rotte o strappate dall'intolleranza o dall'ignoranza. Questo vasto anfiteatro per molto tempo ha visto mettere in scena lo stesso copione, al punto che i gesti dei suoi attori sono spesso noti e prevedibili. In compenso, il suo genio ha saputo in ogni epoca riaffermare una creatività a nessun'altra uguale.
Percepire il Mediterraneo partendo solamente dal suo passato rimane un'abitudine tenace, tanto sulle coste quanto nell'entroterra. La “patria dei miti” ha sofferto delle stesse mitologie che ha generato o che altri hanno nutrito. Questo spazio ricco di storia è stato vittima degli storicismi. La tendenza a confondere la rappresentazione della realtà con la realtà stessa si perpetua: l'immagine del Mediterraneo e il Mediterraneo reale non si identificano affatto. Un' identità dell'essere , amplificandosi, eclissa o respinge un' identità del fare . La retrospettiva continua ad avere la meglio sulla prospettiva. I Greci e i Romani lo chiamavano talvolta mare, talaltra golfo: Adriatike tbalassa o Adriatikos kolpos. Questo dualismo ne accompagnerà il destino.
Su queste rive si incrociavano le vie del sale e del grano, quelle dell'olio e del vino; le spezie e la seta venivano da Levante e dal Sud, l'ambra e lo stagno da Ponente e dal Nord. Un mare come questo suscitò l'invidia del mondo.
Secondo il Nuovo Testamento questo mare si stendeva fino a Creta verso oriente, fino alla Sicilia verso occidente, bagnava le coste della Tunisia, giungeva fino a Malta dove, a leggere gli Atti degli Apostoli (XXVII), San Paolo trovò rifugio dopo il naufragio nel suo itinerario apostolico dalla Terra Santa alla Città Eterna. Il mare Jonio era allora una parte dell'Adriatico, un suo golfo. Non sappiamo se l'imperatore Adriano abbia ricevuto il nome da Adria o dal mare Adriatico. Ancona ne era allora il porto principale, con il suo famoso molo sotto il monte Conero che poteva stare alla pari degli antichi moli di Alessandria e del Pireo.
Il mare Adriatico veniva anche chiamato Superiore: Mare Superum. Il Tirreno era quello inferiore: Mare Inferum. Inferiore qualche volta era detto anche lo Jonio.
Non si sa come sia stato determinato il confine fra il mare Adriatico e lo Jonío. I vecchi pescatori raccontano che sull'orlo estremo degli Appennini, non lontano da Capo Santa Maria di Leuca a occidente, nei pressi del golfo di Valona (Vlorë) a oriente, si può notare una corrente lunga e ondulata, proprio là dove s'incrociano e s'intersecano i due mari contigui. Non sono mai riuscito a vederla, navigando di notte. E' difficile riconoscere, quando si scende a sud, verso l'isola di Corfù, che lo Jonio è un altro mare. In modo simile, salpando dal golfo di Genova e passando dal mare Ligure a quello Tirreno, non sono mai riuscito a vedere dov'è esattamente la fine del primo e l'inizio del secondo. Le vie per cui sono passate popoli, fedi e tesori intersecano il Mediterraneo. La sponda orientale è scossa oggi di nuovo dai tormenti dell'entroterra. La sponda occidentale non ha migliori rapporti con il suo interno. Nella letteratura, tanto su uno quanto sull'altro versante, c'è sempre più nostalgia. Nella storia sempre meno speranza. La poesia, su entrambe le rive, canta i crepuscoli. Presentazione al catalogo, mostra Mediterranea, Brescia, ottobre 2010
Pedrag Matvejevic |